Usucapione, la Cassazione frena: per togliere il terreno al Comune serve la prova certa del “dies a quo”

Scritto il 27/12/2025
da Redazione Infocilento

La Suprema Corte annulla la sentenza sull'usucapione di un fondo nel comune di Santa Marina

L’ordinanza n. 31495 del 3 dicembre 2025 della Corte di Cassazione affronta un tema importante nel diritto civile: il rigore probatorio necessario per sottrarre la proprietà a un titolare legittimo tramite l’usucapione. La Suprema Corte ha annullato una decisione della Corte d’Appello di Potenza, ribadendo che non bastano indizi generici per dichiarare l’acquisto a titolo originario di un bene immobile.

Contesto della vicenda giudiziaria

Il caso trae origine da una disputa tra un privato e il Comune di Santa Marina riguardante un terreno. Nei primi gradi di giudizio, l’uomo aveva ottenuto il riconoscimento dell’usucapione, basato su testimonianze che riferivano della presenza di una recinzione, di un cancello e della coltivazione del fondo da parte della sua famiglia.

Tuttavia, il Comune ha impugnato la decisione, sostenendo che tali elementi fossero insufficienti e che la famiglia avesse iniziato il rapporto con il bene come mera detentrice, in virtù di usi civici, e non come proprietaria.

Mancanza di un termine iniziale certo

Il punto cardine della decisione dei giudici di legittimità riguarda il cosiddetto dies a quo, ovvero il momento preciso in cui ha inizio il possesso utile per l’usucapione. La Cassazione ha definito “contraddittoria” la motivazione della Corte d’Appello che, pur ammettendo che i testimoni non avessero indicato con precisione quando fosse iniziato il possesso, aveva comunque ritenuto maturato il tempo necessario.

Secondo la Suprema Corte, poiché la sentenza di usucapione ha natura dichiarativa, il richiedente deve dimostrare in modo rigoroso i requisiti oggettivi, tra cui il decorso esatto del tempo, che deve essere pienamente sussistente al momento della domanda.

Animus possidendi e interversione del possesso

Un altro elemento evidenziato nell’ordinanza riguarda la volontà del possessore. Nel 1995, l’uomo aveva presentato istanze per acquistare il terreno dal Comune. Per la Cassazione, la Corte territoriale ha omesso di approfondire se tale richiesta fosse un atto di riconoscimento della proprietà altrui (che interrompe i termini per l’usucapione) o un mero tentativo di evitare liti giudiziarie.

Inoltre, viene ribadito il principio per cui l’interversione del possesso — il passaggio da detentore a possessore — non può restare un atto interno, ma deve manifestarsi con segni esteriori inequivocabili rivolti contro il proprietario.

Decisione della suprema corte

La Cassazione ha accolto cinque dei sei motivi di ricorso presentati dal Comune di Santa Marina, cassando la sentenza e rinviando la causa alla Corte d’Appello di Potenza in diversa composizione. Il nuovo giudizio dovrà riesaminare la vicenda applicando un “particolare rigore” nell’accertamento dei presupposti, nel rispetto dell’equilibrio tra i diritti tutelati anche dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.