Non solo Venezia o le grandi città d’arte: l’allarme per l’innalzamento del livello dei mari tocca da vicino anche il sud Italia e in particolare il Cilento. Secondo le proiezioni basate sui dati del riscaldamento globale, la Piana del Sele figura tra le aree costiere a rischio sommersione a causa dello scioglimento dei ghiacci in Antartide. Questo scenario emerge da uno studio pubblicato sulla rivista PNAS, che evidenzia come la perdita della calotta glaciale antartica occidentale potrebbe causare un innalzamento del livello medio globale del mare superiore ai 3 metri.
In Campania, la minaccia non riguarda solo il territorio cilentano: oltre alla città di Napoli, rischiano di finire sott’acqua diverse località del litorale Domizio, incluse la piana di Castel Volturno, Lago Patria e Cuma.
La situazione nel resto della penisola
Se il Cilento rappresenta una delle aree critiche del Mezzogiorno, il fenomeno investirebbe l’intera penisola ridisegnandone la geografia. Le aree più a rischio, evidenziate in rosso nella mappa interattiva di Climate Central, si concentrano nell’Alto Adriatico: Venezia e le zone limitrofe verrebbero sommerse, così come il Polesine, il Delta del Po e Ravenna. Anche la Riviera romagnola (Rimini, Riccione, Misano, Cattolica) subirebbe impatti devastanti.
Sul versante tirrenico, oltre alla Campania, sono minacciate la Toscana (Versilia, Marina di Pisa, Livorno, Marina di Grosseto) e il Lazio, specialmente il litorale romano tra Fiumicino e Ostia e il golfo di Gaeta. Al sud e nelle isole, l’acqua potrebbe invadere il golfo di Manfredonia in Puglia, la zona di Metaponto in Basilicata, la piana di Sibari in Calabria, le coste di Catania in Sicilia e, in Sardegna, i golfi di Cagliari e Oristano.
Lo scioglimento dei ghiacci e il punto di non ritorno
Il livello globale del mare è già salito per via della fusione delle calotte polari e dell’espansione termica degli oceani. Attualmente, Groenlandia e Antartide perdono circa 370 miliardi di tonnellate di ghiaccio l’anno. Uno studio dell’Università del Nuovo Galles del Sud di Sydney, pubblicato su Nature, avverte che i ghiacci polari sono sull’orlo di un collasso “catastrofico”.
I ricercatori hanno calcolato che, superato il punto di non ritorno in un oceano più caldo di 2°C, lo scioglimento della calotta antartica produrrebbe un aumento di 3,8 metri del livello del mare. “Abbiamo le prime importanti prove che dimostrano che, durante l’ultimo periodo interglaciale, i ghiacci dell’Antartide occidentale si sono sciolti, causando gran parte dell’innalzamento del livello del mare”, hanno spiegato gli esperti, prevedendo il collasso delle piattaforme di ghiaccio entro i primi 200 anni.
L’urgenza di agire sulle emissioni
Gli scienziati temono una catena irreversibile di eventi che potrebbe coinvolgere anche la calotta dell’Antartide orientale. La conclusione degli studiosi è un appello all’azione immediata: “Il nostro studio evidenzia che la calotta glaciale antartica potrebbe trovarsi vicina a un punto di non ritorno, che una volta superato potrebbe comportare un rapido innalzamento del livello del mare per i millenni a venire. Ciò sottolinea l’urgente necessità di ridurre e controllare le emissioni di gas serra che oggi stanno causando il riscaldamento globale”.

